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Il pipistrello meccanico, di Leonardo Da Vinci

L’interesse per il volo si manifesta in Leonardo fin dagli anni giovanili trascorsi a Firenze, ma è dopo il suo trasferimento a Milano, intorno al 1482, che il problema comincia ad assumere in lui un rilievo particolare. L’osservazione, sia pure generica, degli uccelli lo convince che il volo non ha in sé nulla di misterioso – a differenza di quanto pensano gli scienziati dell’epoca – ma è un fenomeno puramente meccanico, dovuto al colpo d’ala nell’aria. Il fatto che l’aria sia comprimibile, ed eserciti quindi una resistenza in grado di sostenere un corpo, costituisce una delle intuizioni fondamentali di Leonardo, portandolo a concludere la possibilità anche per l’uomo di volare: “…che per queste ragioni potrai conoscere l’uomo colle sua congegnate e grandi ale, facendo forza contro alla resistente aria e vincendo, poterla soggiogare e levarsi sopra di lei”.

Una delle prime applicazioni di quest’intuizione è il famoso progetto di paracadute risalente al 1485 circa, costituito da una struttura rigida di forma piramidale, 7,20 m di base per 7,20 m d’altezza, rivestita di tela di lino inamidata, per renderla compatta e impermeabile all’aria. All’incirca contemporanea è un’altra applicazione del principio della resistenza dell’aria, la cosiddetta vite aerea, in cui si è voluto riconoscere un prototipo dell’elicottero. Alla base della macchina vinciana sta, infatti, l’intuizione che l’aria, in determinate condizioni, può comportarsi come un corpo solido: un oggetto che si avviti al suo interno deve quindi sollevarsi verso l’alto, esattamente come una vite, girando, penetra nel legno. L’apparecchio si compone di una vite senza fine, di circa 10m di diametro, realizzata con una struttura in canne rivestita di tela di lino inamidata e rinforzata mediante una bordura metallica.

Paracadute e vite aerea costituiscono un caso isolato nello sviluppo degli studi vinciani sul volo. La maggior parte delle macchine volanti che Leonardo progetta, infatti, è dotata di ali, di solito battenti. E proprio all’ala – alla sua forma, struttura e realizzazione – egli riserva una ricerca ampia e particolareggiata, che evolve nel corso degli anni benché in modo non sempre facile da seguire. Dopo varie ricerche, egli sembra orientarsi verso un tipo di ala “a sportelli”, di forma simile a quella del pipistrello, che suddivide in tre zone per le quali prevede l’impiego di materiali diversi seguendo un criterio di progressivo alleggerimento strutturale. Questa soluzione “a sportelli” tuttavia non soddisfa Leonardo che finisce per abbandonarla, preferendo alla fine un rivestimento continuo, ritenuto evidentemente più funzionale.

L’ala tipo pipistrello – a sportelli o a rivestimento continuo – non è comunque una scelta definitiva né vincolante. Una delle ultime macchine progettate dall’artista, infatti, adotta un tipo di ala completamente diverso, con un’ossatura vagamente simile a quella di una mano e una copertura. La progettazione di macchine non esaurisce l’interesse di Leonardo per il volo, che si estende anche a problemi collaterali come quello della strumentazione di supporto. Essa comprende strumenti specifici per la navigazione aerea – come un inclinometro, destinato a verificare l’assetto della macchina volante – e soprattutto una serie di strumenti meteorologici – igroscopi, anemoscopi, anemometri – che testimoniamo come all’artista non sfugga l’importanza delle condizioni atmosferiche per la buona riuscita del volo.

Tratto da: www.leonardo3.net

Per saperne di più: Il pipistrello meccanico
Nuovi Studi Vinciani – Volume III- Leonardo Da Vinci

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