Secondo “European bat population trends – A prototype biodiversity indicator”, una ricerca voluta dall’Agenzia europea dell’ambiente (Aea), i pipistrelli tra il 1993 e il 2011 sono aumentati di oltre il 40%, dopo essere stati in calo per molti anni. Si tratta dello studio più completo fatto fino ad ora sui trend demografici dei chirotteri europei e che ha riguardato 16 delle 45 specie presenti nel vecchio continente. Il Bat Conservation Trust (Bct),la Mammal Society olandese (Dms) e Statistics Netherlands (Sn) hanno guidato il team che ha realizzato il rapporto Aea, altre organizzazioni ambientaliste, istituzioni e migliaia di volontari hanno contribuito fornendo dati e sviluppando l’indicatore.
La ricerca Aea è stata infatti la prima a raccogliere dati provenienti dai 10 schemi di monitoraggio esistenti in 9 Paesi Ue, realizzando un prototipo di indicatore su scala europea dei trend delle popolazioni di pipistrelli. I ricercatori hanno contato e catalogato i pipistrelli in ibernazione in 6.000 siti e l’Aea spiega che ne è venuto fuori che «Nel complesso, tra il 1993 e il 2011, queste specie sembrano essere aumentate del 43% nei siti di ibernazione, con un andamento relativamente stabile dal 2003».
Il rapporto mette insieme i primi dati di Austria, Germania (Baviera e Turingia), Gran Bretagna, Lettonia, Olanda, Portogallo, Slovacchia, Slovenia e Ungheria ma avverte che «In questa fase il prototipo di indicatore dovrebbe essere interpretato con cautela, dato che molte specie e Paesi devono ancora essere rappresentati. Si spera che questo rapporto getti le basi per uno studio ancora più esauriente nei prossimi anni, visto che i pipistrelli sono ampiamente monitorate in tutta Europa».
Comunque, la maggior parte delle specie studiate sembrano essere in aumento o stabili: otto specie di pipistrelli sono aumentate, tra le quali il vespertilio di Daubenton o vespertilio d’acqua (Myotis daubentonii). Il Vespertilio mustacchino e di Brandt (Myotis mystacinu/brandtii) sono le uniche specie a registrare un forte aumento, tre specie sono stabili e su due ci sono dati incerti, mentre solo l’orecchione meridionale o orecchione grigio (Plecotus austriacus) è diminuito, anche se moderatamente. Molte di queste specie sono comunque ancora ancora rare e vulnerabili
Il direttore esecutivo dell’Aea, Hans Bruyninckx, non nasconde la sua soddisfazione e sottolinea l’importanza dei chirotteri come bio-indicatori: «E’ estremamente incoraggiante vedere le popolazioni di pipistrelli in aumento dopo massicce flessioni storiche. Questo suggerisce che le politiche di conservazione mirate negli ultimi anni hanno avuto successo. Ma molte specie di pipistrelli sono ancora in via di estinzione, quindi preservare il loro habitat è ancora una priorità importante. Il monitoraggio di pipistrelli aiuta anche a capire le alterazioni di ecosistemi più vasti, compreso il cambiamento climatico, in quanto sono molto sensibili ai cambiamenti ambientali».
La ripresa dei pipistrelli europei è quindi un’ottima notizia per l’ambiente, visto che le loro popolazioni erano fortemente diminuite durante la seconda metà del XX secolo, in gran parte a causa dell’agricoltura intensiva, dei cambiamenti nell’utilizzo dei suoli, dell’uccisione intenzionale e della distruzione dei loro siti di riproduzione e ibernazione. I numeri dei chirotteri sono diminuiti quando i loro habitat sono stati danneggiati e degradati, ma anche perché sono rimasti avvelenati dal legname trattato con sostanze tossiche come il dieldrin, utilizzate nelle coperture degli edifici. A questo si aggiunge la sindrome del naso bianco che ha colpito molte colonie di chirotteri europei.
Un cocktail di rischi micidiale per mammiferi con una durata di vita lunga e un tasso riproduttivo ridotto, che fa in modo che le pressioni ambientali o antropiche possano causare repentini crolli delle popolazioni, seguiti da lenti recuperi. «Per questi motivi – sottolinea lo studio Aea – pipistrelli dovrebbero comunque essere considerati vulnerabili»- Infatti, mentre i segnali di crescita sono positivi, gli ambientalisti ritengono che le popolazioni attuali siano ancora molto più piccole rispetto a quando è cominciato il declino dei pipistrelli in Europa.
Il rapporto afferma che «L’apparente aumento della popolazione di molte specie può riflettere l’impatto della legislazione nazionale ed europea per la salvaguardia delle specie e la protezione dei siti, le misure di conservazione mirate e la diffusa sensibilizzazione, soprattutto nell’ambito dell’accordo EuroBats».
“European bat population trends” utilizza una metodologia simile a quella del recente rapporto “The European Grassland Butterfly Indicator: 1990–2011” che ha dimostrato che il numero di lepidotteri europei si è quasi dimezzato tra il 1990 e il2011 a causa dell’agricoltura industriale e dell’incapacità di gestire correttamente gli ecosistemi di prateria. Ma è l’intera fauna selvatica ad essere sotto pressione in molte parti d’Europa: solo il 17% degli habitat e il 17% delle oltre 1.000 specie animali e vegetali incluse nella Direttiva Habitat hanno uno status di conservazione favorevole.
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Tratto da: greenreport.it