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“La libellula e il pipistrello”, di Ros The Elpe

C’era una volta, all’alba dei tempi, quando gli animali si incontravano nei boschi salutandosi calorosamente, prima che l’uomo guastasse il loro modo di vivere, un bellissimo pipistrello albino. Era un pipistrello dal colore un po’ buffo, quasi argento e aveva grandi occhi scuri che vedevano ogni cosa e che riuscivano a distinguere le prede anche nel buio della notte. Ogni inverno, il pipistrello si nascondeva in una grande grotta in cima ad una rupe insieme agli altri pipistrelli, però tutti neri. Vedendosi circondato da individui uguali, il pipistrello pensò di essere del loro stesso colore, non avendo mai notato il bellissimo colore delle sue ali. Tutti lo invidiavano, ma i pipistrelli della colonia ammisero dopo un po’ che il loro amico albino non se ne vantava affatto e per questo decisero di farlo entrare nel loro gruppo. Per Albino fu molto bello avere degli amici e ogni anno tornò alla grotta in cima alla rupe, lì dove si poteva osservare la grande macchia verde–cupo quale era l’immensa foresta tropicale in cui viveva. Non sapeva che i suoi amici avevano deciso di tenerlo lontano dall’acqua, in modo che lui non vedesse mai il suo bellissimo riflesso. Solo così si poteva preservare la pace della colonia.
Ma un giorno, una libellula che fuggiva dalla furia di un passerotto affamato, si addentrò nella grotta in cima alla rupe dove abitavano tutti i pipistrelli. Era notte, quindi i temuti animali succhia–sangue non erano nella grotta, quindi la giovane libellula decise di affrontare il pericolo e addentrarsi nella casa di animali tanto pericolosi. Ma non era sola nel buio della grotta: nascosta in un angolo, c’era la figura un po’ contorta di un pipistrello dalle ali piegate.
–Perché sei qui?– chiese la libellula, un po’ intimorita.
–I miei amici non mi fanno uscire…tutti dicono che sono troppo giovane per andare a caccia!– rispose una voce nell’antro.
–Vieni sotto la luce!– disse l’insetto, per vedere il mostro di cui le avevano tanto parlato. Il primo impatto non fu violento: era un bellissimo animale dai denti un po’ aguzzi, ma dal colore della luna. La libellula rimase affascinata dal bel pipistrello, ma ripensò alle brutte cose che quegli animali avevano fatto alla sua specie fin dall’alba dei tempi…decise di vendicarsi. La famiglia le aveva parlato da quando era piccola di un pipistrello pericolosissimo, dalle ali argentate. Ma ciò non poteva essere vero, pensò l’insetto, vedendo il mostro così impacciato con lei, un esserino che poteva ingoiare in un sol boccone. Era vero: poiché il pipistrello non andava a caccia, non era violento come gli altri pipistrelli della sua colonia.
–Come sei bello, caro pipistrello…– disse, ammaliante –Perché non mi segui e vieni a vedere il tuo riflesso? Scommetto che non hai mai visto la tua bella e perfetta immagine! Seguimi!– propose la libellula, facendo vibrare le sue lunghe ali sottili. Albino seguì l’insetto fino ad uno specchio d’acqua, dove vide per la prima volta il suo magnifico riflesso. Albino era felicissimo: quasi non ci credeva! Volò quindi nella grotta e aspettò i suoi amici, per parlare loro della sua magnifica scoperta. Da quel giorno, il pipistrello albino si vantò con tutti, diventando così antipatico e distaccato che la colonia lo portò dal cigno, re del lago dove Albino era andato a specchiarsi. Lì fu decisa la sua punizione da tutti gli abitanti del lago. Albino esclamò:
–Vi prego, non toglietemi il mio bel colore!– disse, supplichevole. Ma il cigno era un animale davvero impassibile, ma nonostante ciò non gli tolse il suo bel colore che aveva affascinato anche lui.
–Poiché ti sei tanto vantato del tuo aspetto, come punizione ti toglieremo la possibilità di vederlo di nuovo!– disse e così gli lanciò negli occhi una spina di pesce, così da accecarlo per sempre. Nonostante i pianti del pipistrello, Albino rimase irrimediabilmente cieco e le lacrime, nonostante avessero lavato la ferita, non facevano nulla contro la sua eterna cecità. Vedendolo piangente, la libellula cattiva rise di gusto:
–Un animale così bello e stupido! Non potrei mai avere paura di te!– disse, con amaro sorriso. Il quel mentre, un salmone di acqua dolce saltò dall’acqua del lago e si mangiò in un solo boccone la libellula. La sua famiglia la cercò invano per tanto tempo, stabilendosi insieme ai suoi simili intorno ai laghi, ma la libellula morì e di lei non si seppe più nulla.

Ancora oggi,  tutte le libellule vivono presso gli specchi d’acqua. La favola, se pur sciocca, dimostra che chi trama contro gli altri, trama contro se stesso.

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